Perché la poca sensibilità di Benetton peggiora gli effetti di Genova

Intervista di Barbara Ciolli di lettere43.it al Prof.Luigi Norsa

Risulta a Lettera43.it che da alcuni giorni i Benetton stiano pensando a iniziative di aiuto alle famiglie colpite dal disastro diGenova del 14 agosto 2018. L'intenzione sarebbe di renderle pubbliche in occasione del consiglio di amministrazione di Autostrade per l'Italia di martedì 21 agosto (il giorno successivo c'è quello di Atlantia). Ma intanto ci ha pensato il vicepremier Matteo Salvini a chiedere il gesto ai Benetton, assieme allo stop del pedaggio autostradale nel tratto della tragedia. Che alla fine è arrivato, ma solo per le ambulanze dei soccorsi per il crollo del ponte Morandi. Troppo poco e troppo tardi: anche per Luigi Norsa, genovese, consulente tra i maggiori esperti di comunicazione e gestione delle crisi delle aziende internazionali, «da parte del gruppo appare la difficoltà ad affrontare una situazione così grave in modo adeguato». Una strategia, commenta a L43, «centrata nel porsi sulladifensiva e non nel mostrare sensibilità per l'accaduto. Ciò può avere altre gravi ricadute sugli azionisti e sul marchio Benetton, e non può essere addebitato a una comunicazione sbagliata. È piuttosto un problema di cultura aziendale».

DOMANDA. Parla da genovese più che da difensore delle aziende?
RISPOSTA.
 Per noi, a livello locale, il crollo del ponte Morandi rappresenta un disastro epocale. Le conseguenze dirette e indirette per la città saranno gravi, per la mobilità, l'attività del porto... Società Autostrade ha sottovalutato l'aspetto emotivo e politico della tragedia.

Per ora, apparendo in tivù, ci ha messo la faccia soltanto il direttore del tronco di Genova Stefano Marigliani. A livello centrale solo freddi comunicati, nel primo non era espresso neanche cordoglio per le vittime e i loro famigliari.
Certe indicazioni possono arrivare solo dai vertici. Che sia un fatto di cultura aziendale è evidente dai 2 euro e 90 di pedaggio chiesti anche alle ambulanze per i soccorsi. Così si aumenta il danno all'immagine, anziché cercare di ridurlo.

Ma è possibile ridurlo, dopo il più grave cedimento strutturale che si ricordi in Italia dal Secondo dopoguerra?
Dipende da come si mettono le cose nel corso delle indagini. In quella sede l'azienda deve presentare tutto quanto in suo possesso per dimostrare – se è vero – che erano stati fatti tutti i controlli previsti e – se è vero – che non erano state rilevate urgenze. Ma ripetere all'opinione pubblica «non è colpa mia», ponendosi in un'ottica di scontro con il governo e con l'opinione pubblica, non promette niente di buono.

Un giudizio a dir poco negativo.
La mia è un'impressione. Non mi permetto di giudicare, perché il caso è estremamente complesso anche per l'azienda e non ho in mano documenti aziendali, tanto meno gli atti delle indagini. Rilevo, almeno nella fase iniziale, un atteggiamento controproducente della società che si è messa sulla difensiva.

Anche Marigliani ripete dei «controlli approfonditi e regolari», trincerandosi dietro l'«imprevedibilità» che in termini legali è uno schermo. Come si sarebbe dovuta porre invece Autostrade per l'Italia?
Dire certamente che ritiene di aver fatto tutte le verifiche, che spetta ai magistrati appurare e mettersi a loro disposizione. Ma anche, visto l'accaduto gravissimo, manifestare dolore per i morti, i feriti, la città di Genova... E spiegare, da ora in poi, cosa intende fare anche per loro, magari con una conferenza stampa del ceo. Sono pasati tre giorni prima che i vertici ci mettessero la faccia.

Dire di poter ricostruire il ponte crollato in cinque mesi non è credibile. Così si aumentano i danni per le aziende dei Benetton

Autostrade per l'Italia lo ha detto: è pronta a ricostruire il ponte crollato in cinque mesi.
E le pare credibile? Con le conseguenze estremamente pesanti, anche economiche, che si preannunciano per Genova affermarlo porta a un'ulteriore perdita di credibilità della società e a ulteriori danni per gli azionisti. È una questione di senso comune, oltre che di mancata empatia: così si rischia un impatto anche sui prodotti Benetton. Le comunicazioni tecniche devono essere misurate e precise.

Lei ha gestito crisi anche per aziende straniere, multinazionali... Si possono trovare paralleli con altri grossi disastri? E differenze per come questi sono stati affrontati dai management?
È dura fare paragoni, spesso le cause erano molto diverse come molto diversi erano gli incidenti più gravi che si sono verificati: pensiamo solo al recente grande incendio sul raccordo autostradale all'altezza di Bologna. Per tutte le aziende la lezione di Genova è una: prepararsi a gestire accuratamente anche eventi che si ritengono assai poco probabili, per tentare di rimediare il più possibile ed evitare la trappola di diventare uno strumento della politica.

Neppure gli ingegneri più critici sul ponte Morandi, che da anni si battevano per la sua demolizione, dicono di aver immaginato un suo crollo così improvviso e massiccio.
È un classico di tutti i disastri che, con il senno di poi, esperti su esperti e in questo caso ingegneri dicano la loro con opinioni diverse. Anche prima dei cedimenti strutturali, per l'esperienza che ho, non di rado c'erano state valutazioni sbagliate di ingegneri. Sottovalutazioni sui margini di tempo per intervenire. Su Genova appureranno i giudici.

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