Dopo l’11 settembre: una riflessione sul problema del terrorismo

L’anniversario dell’attentato alle Twin Towers è stato contrassegnato dalla diffusione di un video che riproponeva Osama bin Laden e riacutizzava la minaccia del terrorismo islamico. Il terrorismo non è un problema nuovo: la Gran Bretagna ha dovuto per decenni fare fronte alla minaccia dell’IRA, la Spagna a quella dell’ETA, il terrorismo palestinese data addirittura prima della creazione nel 1948 dello stato ebraico. L’Italia ha vissuto anni di sangue prima negli anni 50 e 60 per l’indipendentismo altoatesino, poi con una stagione che ha visto la strage di piazza Fontana e il rapimento Moro per citarne i due momenti più salienti. 

In Italia, i delitti Biagi e D’Antona hanno fatto rivivere una stagione che si sperava archiviata; a livello mondiale la minaccia di Al Qaeda ha fatto fare alla 

minaccia terroristica un salto di dimensione.Il terrorismo non è un problema nuovo, è vero, ma sta assumendo una nuova dimensione a fianco della sua dimensione tradizionale, e questo merita una riflessione e una nuova attenzione dal mondo delle imprese. 

Le azioni di stampo terroristico sono state storicamente uno strumento di lotta politica e militare, progettate e condotte per condizionare un avversario. Si voleva cioè o indebolirne la volontà o indurlo ad assumere condotte repressive che gli avrebbero alienato la simpatia di parte della popolazione.
Questa è la  logica che ancora oggi guida per esempio Hamas, o l’ETA. Diversa pare essere la motivazione alla base dell’attacco agli USA dell’11 settembre 2001 da parte del terrorismo islamico,  o del riemergere del fenomeno brigatista in Italia con l’assassinio D’Antona prima e Biagi poi. I vertici di Al Qaeda non si facevano certo illusioni sull’effetto che la strage avrebbe avuto sul morale degli americani. Quello delle Twin Towers è stato un atto di terrorismo mirato soprattutto a coagulare un consenso nel mondo arabo, soprattutto fra le sue frange più radicalmente religiose. Si è trattato in altri termini di una azione di comunicazione, per modalità e scelte tattiche, mirata a veicolare alle masse islamiche il messaggio “non rassegnatevi, noi possiamo colpire l’occidente per quanto potente appaia militarmente”, “unitevi a noi e l’occidente avrà paura di voi”. In realtà si è trattato di un’operazione di comunicazione interna mirata a sollevare un movimento destinato a stravolgere il mondo arabo più che l’occidente.

Analogamente gli assassinii delle nuove BR, accompagnati da prolissi documenti di rivendicazione non miravano a influire su un processo politico, ma ad affermare che il movimento clandestino esisteva ancora e a favorire un nuovo reclutamento. Senza entrare in giudizi politici, deve fermarsi qui il parallelo fra due fenomeni che distano anni luce per rilevanza.

Questa nuova dimensione del ricorso ad azioni di stampo terroristico con fini di comunicazione prevalenti sugli effetti di tipo militare, impone una riconsiderazione di quelli che possono essere degli “obiettivi sensibili”, inserendo nella lista anche quelli che hanno una rilevanza emozionale non solo per gli occidentali, ma anche per masse integraliste islamiche, destinatarie del messaggio.

Il problema del terrorismo deve essere considerato nell’ambito dei programmi di preparazione alla gestione di crisi, non solo a livello di istituzioni, ma anche di impresa. A livello di management vi è una naturale tendenza alla rimozione di questa issue: naturale in quanto il manager tende a rimuovere quelle issue su cui ritiene di non aver possibilità di intervento, demandandole a coloro – istituzioni, servizi, etc. – che ne hanno invece una possibilità. Ma l’esperienza insegna che per quanto sia in corso una feroce lotta da parte dei servizi di tutto il mondo occidentale, seppure questi siano in grado di intercettare moltissimi tentativi, neppure il più rigido sistema poliziesco è certo di intercettarli tutti.

Qual è la riflessione che imprese e manager devono fare? Sistemi e procedure di sicurezza devono essere rivisitati in quanto sono stati costruiti per prevenire sostanzialmente il guasto o l’errore. Vanno riesaminati considerando che devono considerare e cercare di prevenire anche l’atto deliberato, . Vanno infine rivistati essendo consapevoli che la sicurezza è un bene che non può essere originato solo dall’azione delle istituzioni, ma che deve essere costruito con la vigilanza e la partecipazione della società nel suo complesso.